Valutare la Leopolda senza considerare Renzi, come se fosse… il nostro TED?

Leopolda Renzi il nostro TED

Parlando con una cara amica di mia mamma, che ha partecipato attivamente alla recente Leopolda 2014 (e tornando a casa ha convinto non poche persone a partecipare a loro volta, visto l’entusiasmo trasmesso loro!), alcune riflessioni sono d’obbligo.

La Leopolda è paradossalmente un evento che in un certo senso potrebbe (e forse dovrebbe) prescindere da Matteo Renzi. Il bello di tale appuntamento è nella possibilità di ascoltare, gratuitamente, sinteticamente, alcune delle migliori menti che abbiamo, nonché di essere aggiornati su ciò che è lo stato attuale dell’industria, della tecnologia, dei social media, dell’essere imprenditore oggi. Che poi in senso lato ha a che fare con la politica, ma nel senso ampio del termine.

In più, naturalmente, è un modo di scoprire personaggi italiani noti e (soprattutto) meno noti che hanno fatto o stanno facendo grandi cose, anche oltre confine. Mica tutti conoscono chi è Riccardo Luna e la rivoluzione dei makers, per fare un solo esempio. Mica tutti sanno i segreti del successo di Yoox. Molti non sanno neppure cosa sia, ma di certo moltissimi rimarrebbero stupiti nel sapere che è 100% italiano. E di esempi potremmo farne almeno una trentina, anche offline (Farinetti su tutti!).

Partecipare alla Leopolda è d’obbligo, prima di criticare Renzi, il PD, e tutto quanto. Semplicemente, esagero: è una sorta di “nostro mini TED”, solo che a proporlo è un personaggio politico, che poi sarebbe anche l’attuale presidente del consiglio, scritto volutamente con le minuscole. Che piaccia o non piaccia, l’unico che si fa portavoce di tali valori vincenti, e di tale ottimismo. Avrei preferito che un simile evento fosse stato (da un punto di vista politico) super partes, perché trovo che sarebbe ancora più interessante, neutrale, staccato da ogni tipo di critica potenziale, e più costruttivo (ma resto fermamente convinto che sia interessante anche così).

Ci vediamo a Leopolda6!

ps: sì, io ci sono stato. Ero alla Leopolda 2 e 3, e le altre le ho seguite in streaming (come, non sapevate che c’è pure uno streaming?)

Pensieri sparsi sul mondo delle ricerche qualitative

screenshot_5672

tempi

C’era una volta il debriefing. Oggi è tutto per subito. Che potrebbe essere troppo tardi.

sintesi

Anche gli istituti si stanno indirizzando verso approcci più schematici e sintetici. Finalmente. Forse in questi giorni ho scritto il mio ultimo report da 119 chart. Che forse a dirla tutta era anche il primo 😉

inglese

Sempre più fondamentale, ormai senza non si va da nessuna parte. Taken for granted.

opportunità

Sarò sintetico: quasi non ce ne sono, rispetto a quando ho iniziato, e correva l’anno 2000. Se per altro consideriamo che attraverso questo sito (dove non mi pare di presentarmi come un istituto!) ricevo in media 1 C.V. ogni paio di mesi… E comunque, se ci sono, vanno inventate. Altrimenti ciao.

video-centrismo

Da quando faccio video (anni), mi accorgo che è cambiato il mio modo di pensare. Moderi i focus e pensi alle scene/ai risultati chiave, è un modo diverso di ragionare, un supporto alla sintesi. Sintesi visiva e concettuale.

location cool

Contano, e tanto. In alcune strutture dove abitualmente (o meno) faccio gruppi/interviste, sia i clienti che gli intervistati entrano e scattano selfie, in ammirazione. E tutto questo serve anche per stabilire un clima positivo, informale.

aggiornamento professionale

Ammesso che nel nostro settore sia mai esistito, oggi si chiama social media. Come strumento e oggetto di analisi. #maipiùsenza, per chi fa il mio lavoro.

tempo libero

Sempre più un miraggio, soprattutto per chi come me fa il consulente, e deve stare alle ondate agli tsunami di carichi (anche last second) di lavoro.

Quando la ricerca qualitativa fa “ciak si gira”

col gobbo - andrealombardi.com

Giugno-luglio è tradizionalmente un periodo delirante, per chi si occupa di ricerca. Ed anche quest’anno… sto uscendo faticosamente indenne da una maratona fatta di ricerche, forum, focus, interviste, qualche trasferta, e poi… anche vari video 🙂

Già, a proposito… è successo qualcosa di interessante.

C’è un piccolo istituto (ricerca qualitativa) che sta da un po’ proponendosi in modo diverso… già mesi fa avevo partecipato, con altri colleghi, a un forum sul nostro lavoro (devo dire che mi è stato utile, personalmente), ma un mesetto fa mi hanno chiamato per realizzare un video. Si tratta di “un video per un nostro lavoro, nel senso che non è per un cliente, ma per noi”

All’inizio non ho capito molto, se non che avrei dovuto fare il montaggio di alcune storie, con attori.

Poi ho capito: un progetto curioso, che si pone in un’ottica assolutamente originale. Credo di non poter fornire molti dettagli, ma quel che posso dire è che mi sono anche divertito nel girare, e ho anche imparato molto (alla fine oltre al montaggio ho curato in parte la regia), e che ho come l’impressione che due risate ce la faremo tutti, nel settore… A me alcune delle storie che sto montando fanno ridere!

riprese - andrealombardi.com

riprese2 - andrealombardi.com

#UnaMacchinaPerRudy: vittoria per Rudy Bandiera e Smart!

case history rudy bandiera macchina andrealombardi.com

Mettiamola così, in estrema sintesi: questo post è indirettamente uno spot per Smart. Sì, proprio così: questo pezzo come tanti altri online, in questo momento.  Ma è anche un enorme spot per i “poteri” che i social media hanno, ormai. Soprattutto per i cosiddetti influencer. Mettiamola anche così: questo post è uno spot per Rudy Bandiera. Che ha creato una vera e propria case history, e ci ha pure rimediato una macchina aggratis!

I FATTI

Rudy Bandiera è un blogger/influencer della rete, esperto di web marketing e social media, uno dei più visibili in Italia. In parole semplici, una persona “che conta”, che quando scrive qualcosa riceve tanti like, tanti commenti, fonte di insegnamento per molti… Qualche giorno fa, in un incidente automobilistico, ha perso l’auto: distrutta da un tir, la riparazione va oltre il valore dell’auto. Risultato: Rudy è a piedi (o alla meglio in scooter). Chiede allora appello, quasi per gioco, alla rete. Chiede ai brand di avere un’auto, qualcuno addirittura lo aiuta diffondendo un apposito hashtag #unamacchinaperrudy. Di fronte al suo ultimatum… qualcuno si è fatto vivo. Ecco qui:

case history rudy bandiera smart andrealombardi.com

 

Smart ha contattato Rudy Bandiera prima con questo post su Twitter, poi personalmente via telefono, consegnando un’auto per un anno. Senza nessuna richiesta, in cambio.

CHI HA VINTO; IN QUESTA STORIA?

Decisamente entrambi: Rudy, e Smart.
Rudy ha ovviamente risolto il problema auto, per lo meno per un anno. Ma soprattutto vede crescere in modo esponenziale la sua notorietà, la sua awareness, anche perché occorre sottolineare che Rudy stesso è un media, un canale di comunicazione 2.0 (o 3.0, come lui direbbe), e con questa storia ne nasce la prima case history in Italia, nel suo genere… Tanto di cappello!

Smart, ovviamente, con una spesa relativa (noleggio gratuito di un anno) ne ricava ampia visibilità a livello di buzz, sentiment positivo, branding, ecc… Una operazione per altro che pone il marchio vicino al mondo di blogger, influencer, mondo dei social media. Perché è da considerare che il tutto è avvenuto nell’arco di 4-5 giorni, dunque se è vero che tutti (o quasi) i grandi brand sono ormai in ascolto della rete… passare all’azione non è ancora così frequente… e Smart lo ha fatto.

Di certo, ad ogni modo, è l’ulteriore conferma che il web è fonte di opportunità, che la comunicazione sta cambiando sempre più… e non di poco. E chi come me si occupa di consulenza in ambito di ricerca qualitativa, non può non essere attento osservatore di simili fenomeni 🙂

Ad ogni modo, se in giro vedrete una Smart simile… è lui 😉

#unamacchinaperrudy andrealombardi.com

“Fai di te stesso un brand” di Riccardo Scandellari – istruzioni per essere consulenti nell’era moderna

personal branding andrealombardi.com

Nel mio settore, come in molti altri, si pone l’eterno dilemma “meglio interni o consulenti?”. Una vera risposta non c’è: dipende dal proprio modo di essere, dalla circostanze del mercato, dalle opportunità che si creano. Ma una cosa è certa: sia per gli interni che (soprattutto!) per i consulenti, la reputazione online è un aspetto fondamentale, al giorno d’oggi. Significa per i primi maggiori opportunità di carriera, per i secondi maggiori opportunità di lavoro. Ed è questo il primo vero grande insegnamento di Riccardo Scandellari, nel suo recente Fai di te stesso un brand: essere tutti quanti il marchio di noi stessi significa fare il massimo per ottenere visibilità e risultare interessanti agli occhi dei nostri potenziali clienti, consapevoli del fatto che ormai la reputazione è anche (se non soprattutto!) online.

Sebbene parli in buona parte di strumenti social, trucchi di SEO, pratiche di web marketing che a chi è a digiuno di tali ambiti possono risultare certo non facili, il libro mette in luce in modo estremamente chiaro come in realtà la visibilità online vada di pari passo con quella offline, perché il networking e le relazioni che si instaurano online sono fatte di persone vere, che vivono anche in quella che molti ritengono la realtà vera, quell’offline che oggi è sempre più immerso nel web, anche se non sempre ce ne rendiamo conto.

Il libro adotta un linguaggio molto chiaro e diretto, con esempi pratici e contributi di vari influencer del web, in linea con l’approccio overall teso a dare la parola a chi sui singoli ambiti (spesso micro specializzazioni) più ne sa. Ammetto che all’inizio lo ho un po’ snobbato (secondo la sensazione che “tanto più o meno sono cose che so”), poi in una libreria di Gubbio, in una recente vacanza, mi ci sono imbattuto, e lo ho “provato”. Effettivamente, sebbene fossi padrone di diversi aspetti trattati, venire a conoscenza di un punto di vista di rilievo come quello di skande è sempre interessante. Alla fine i suoi “trucchi” e consigli sono di buon senso, in parte semplici e scontati: ma è per questo che assumono un valore ancora maggiore, perché ci si rende conto che online quel che conta è mostrarsi per come si è, per quel che si è in grado di fare, in modo genuino, onesto, trasparente. Ovvero, nello stesso modo in cui si è offline.

E poi il libro mi ha dato quella carica che fino ad ora ho fatto fatica a trovare. Riccardo parla di un post al giorno, cosa che per me non è sostenibile, ammetto i miei limiti. Ma anche in considerazione del settore in cui opero, credo che comincerò con un paio di post a settimana, che comunque non sono poco, visto il “piattume” che riguarda le ricerche qualitative a livello di blog/novità. Però il libro mi ha convinto: scrivere del proprio lavoro/ambito fa di certo bene, e cercherò di farlo sempre più. Anche perché, nel mio piccolo, anche solo scrivendo poco, di contatti e proposte di lavoro dal web/da LinkedIn fino ad ora ne sono arrivate 🙂

screenshot_53

10 insegnamenti dalla Google House: il futuro è tra noi, per chi se ne fosse reso conto

lego google house andrealombardi.com

Davvero interessante la visita alla #googlehouse di Milano di ieri (qui la descrizione), da cui mi porto a casa una serie di spunti:

  1. Lato consumer, Google è un patrimonio di prodotti, risorse, App non sempre conosciuti, poco valorizzati e poco esplorati. Che peccato. Spesso ci si ferma a ciò che è più diffuso, quasi mai si ha il tempo di approfondire. Questo evento è stata la conferma che anche chi -come me- ha una più che buona conoscenza delle tecnologie, con Google ha sempre qualcosa da scoprire. In questo caso la domanda è: quale è il gap tra l’offerta Google e la conoscenza del pubblico?
  2. Apple è indietro, lato mobile. Ieri ho come avuto la sensazione, e per la prima volta in modo concreto, che è possibile che il mio prossimo smartphone non sarà un iPhone.
  3. Entrando nella cosiddetta “stanza dei ragazzi” della Google House, una folgorazione: sono stato invitato in quanto esperto di Lego, come la prima pagina del mio sito chiaramente dimostra 🙂
  4. L’attenzione a dir poco minuziosa che Google ha riservato ai dettagli è davvero clamorosa: i colori sociali sono ovunque. Negli stipiti, nel cibo, negli arredi, nella Vespa all’esterno, nei quadri (da Mondrian a Lichtenstein). Solo i popcorn non erano giallo/verde/rosso/blu (e meno male).
  5. Tutti i “googlers” si sono dimostrati ottimi attori, con oscar sia come protagonisti che non. Nel dimostrare, stanza per stanza, i vari prodotti, mettevano in scena situazioni realistiche di utilizzo: un format che permette di immedesimarsi nei vari momenti, che ben funziona (complimenti anche a Sonia Peronaci di Giallo Zafferano, per la collaborazione e le ottime degustazioni!)
  6. Ciliegina sulla torta, la prova dei Google Glass: meglio di quanto pensassi. Di facile utilizzo, la visione è nitida e immediata, e la prova di visione di un quadro con scritte in inglese in cui improvvisamente le frasi si trasformano in italiano è roba da fantascienza… tornasse il mì nonno, come farei a spiegargli un simile prodigio? Infine una chicca: per chi è cieco come una talpa come il sottoscritto, oltre al fatto che ovviamente sarà possibile realizzarli con lenti da vista, per le prove… funzionano benissimo adattandoli sopra ai propri occhiali!
  7. Nel salotto della casa, ecco Chromecast, uno dei pochi device marchiati Google. Molto interessante, davvero di facile utilizzo, persino teoricamente più immediata della Smart TV, che ancora molti si chiedono effettivamente che cosa sia. Ma che effettivamente, forse, potrebbe togliere spazio alla stessa chiavetta Google, che ha comunque il pregio di avere un costo ridicolo.
  8. Ho visto espressioni di meraviglia in particolare nella stanza dei ragazzi, quando (quasi dandolo per scontato) si mostrava la collaborazione in real time sui google doc. E’ questo un aspetto che sono certo sia ancora vissuto come una ipotesi per il futuro, da molte aziende italiane. Nel lavorare su server su copie di file che vengono passate (e rigorosamente duplicate/triplicate, per sicurezza!) tra collaboratori, questo piccolo ma grande aspetto ha generato un “effetto wow” tra i miei compagni di tour nella casa
  9. Google Now è forse la novità di maggior rilievo, per quanto mi riguarda. Avevo fatto solo un paio di prove, ma occorre approfondire. Cosa è? Un assistente privato, un segretario vocale, un qualcosa che in pratica potrebbe arrivare a gestirci agenda, impegni, memo, abitudini, e forse qualcosa di più. Però rimane che con Siri la risposta alla domanda “la supercazzola” è ben più divertente 😉
  10. Quando ho ricevuto l’invito, per saperne di più ho googlato “google house” (o meglio, lo ho fatto da Youtube, volevo partire da dei filmati) e sono arrivato qui. La cosa mi ha decisamente inquietato… ah ah ah mitici!

Naturalmente, ringraziamenti speciali ad Alice, Elena, Simone (ma anche a tutti gli altri Googlers incrociati alla casa o con cui ho avuto il piacere di collaborare in passato ma che non erano presenti ieri, Ale in primis!) google house milano

La ricerca qualitativa: un lavoro che sembra banale, ma mai lo è

percezione prodotto qualitative research andrealombardi.com

Più volte, anche parlando con dei colleghi, mi è capitato di valutare come banale il nostro intervento di ricercatori qualitativi. “Possibile che non si rendano conto?“, “ma ci voleva una ricerca?” sono spesso le frasi che accompagnano simili discorsi.
Tutte le volte, però, ci sbagliamo, cadendo sempre nel solito errore: il nostro punto di vista è diverso sia da quello del consumatore/cliente, sia da quello dell’azienda/brand. Grazie all’esperienza di ricerca, diamo per scontati degli aspetti che scontati non sono.

Compito della ricerca è dunque anche quello di mostrare gli altri vertici osservativi, che spesso vengono trascurati o addirittura ignorati. Per forza: mettiamoci nei panni dell’azienda/committente di ricerca. Figure professionali che, seppur in diversi ambiti/ruoli, vivono i propri prodotti e brand “dal di dentro”, seguendone il concepimento, la nascita, le varie fasi di vita, essendo al corrente di tutto… dando per scontati una serie di aspetti/nozioni, che magari i consumatori mai si sono sognati…
Più volte ho visto espressioni di stupore da parte dei clienti/delle aziende… in qualche caso, addirittura, a fronte di una conoscenza solo parziale dei propri prodotti da parte del consumatore si avanza il sospetto che il reperimento sia fuori target… come ben sappiamo ciò può capitare, ma per fortuna non sempre è così.
La ricerca serve anche ad illuminare sui vari punti di vista… l’azienda deve essere in grado di vedere i propri prodotti/brand con altri occhi, da più lontano, come se non ne sapesse niente, o quasi.

Allora ecco che il nostro contributo di ricercatori qualitativi, che alle volte dal di dentro ci sembra banale, in realtà è di vitale importanza in quanto si tratta per i brand/le aziende di un “bagno di realtà”, ovvero l’azienda può concretamente rendersi conto dell’eventuale gap percettivo tra il proprio modo di vedersi e quello dei consumatori/clienti/user, da molteplici punti di vista.

Ed è in questo senso che un rapporto di ricerca in formato video, che permette al cliente finale di vedere e sentire sensazioni e vissuti dei consumatori, ha una efficacia ancora maggiore 🙂

Ceres Soft Ale: così si chiude il cerchio

A chiusura della tanto chiacchierata campagna, che ha mobilitato pressoché tutti i guru e gli opinion leader della rete, arriva questo video. Ennesima conferma che il tutto è stato ben pensato, certo. Ma anche ottimo spunto su come una iniziativa di questo tipo sia un ottimo modo per raccogliere il sentiment spontaneo dei propri consumatori, su una fantomatica e finta Ceres Soft Ale, e di riflesso sulla unica e inimitabile Strong Ale…

Immagine anteprima YouTube

Molte le indicazioni ricevute, molto il buzz scatenato in rete, certamente eccessivi alcuni commenti liberi da parte degli utenti, che comunque nel video sembra quasi siano stati previsti e adeguatamente “sfruttati”, come se la regia avesse preparato ogni dettaglio, anche il peggio che avrebbe potuto uscirne, e che comunque, ne sono certo, non ha inficiato l’immagine del marchio. Anzi